Di persecuzione nei confronti dei cristiani se ne parla poco e male. Nel 2019, secondo lo studio annuale dell’Ong Porte Aperte, i Paesi “persecutori” nel mondo in cima alla classifica sono: la Corea del Nord, l’Afganistan e la Somalia.
Su 150 Paesi presi in considerazione, più di 70 si sono letteralmente accaniti nei confronti della fede cristiana.
In Nigeria i morti per mano di BoKo Haram e di alcuni allevatori islamici in cerca di campi da ottenere con la violenza, sono poco meno di 4000. Le chiese cristiane bruciate dal 2000 ad oggi sono 13000. In Asia e Medio Oriente un cristiano su tre è perseguitato. In Egitto, pregare in una chiesa cristiana è diventato un rischio per la vita dei fedeli al punto che i luoghi di culto sono protetti da militari e metal detector. Nel paese di religione prevalentemente musulmana, i cristiani sono circa 10 milioni, la più grande comunità cristiana del Medio Oriente. Nello stato del Benue, secondo una ricerca de “Il Foglio”, sono state distrutte 500 chiese. In altri paesi si puniscono con la morte e con le torture i cristiani che non vogliono convertirsi alla fede islamica.
In India lo svuotamento di interi villaggi occupati da cristiani non si contano.
Secondo il Gateston Institute, in Germania quattro chiese a marzo 2019 sono state distrutte ed incendiate. In Francia almeno due chiese al giorno vengono profanate, in alcune si osa defecare per poi disegnare croci sui muri dei luoghi sacri. Molte ostie consacrate, in questi luoghi, vengono trovate nei bidoni della spazzatura. Nella chiesa di Saint-Nicolas, vandalizzata, è stata polverizzata la statua di una Vergine del XIX sec.
Nel 2017 sono state attaccate in Germania circa 200 chiese e molte croci sono state spezzate. Molti media, però, non resocontano di questi gravi atti, forse con l’inutile scopo di non sporcare il clima del politicamente corretto che rasserena chi non desidera guardare in faccia la realtà e così sforzarsi di trovare soluzioni concrete a fatti orribili che gridano giustizia e pietà al tempo stesso.
In “Vatican Insider”, l’arcivescovo Alberto Ortega Martin, per fortuna, rivela in Giordania una realtà che va controcorrente rispetto al quadro sin qui prospettato. “In questo paese cristiani e musulmani vivono nella cordialità” afferma. I cristiani residenti sono circa 200 mila. La collaborazione tra le varie associazioni cristiane, musulmane non fondamentaliste, la caritas cattolica e quella giordana, ha ottenuto risultati più che positivi, soprattutto nell’aiuto ai rifugiati a causa di guerre e carestie. Importante, infine, è l’atteggiamento del re Abdallah, sempre accogliente e rispettoso nei confronti dei fedeli di diverse religioni che vivono da tempi remotissimi nel suo territorio.
Cristina Palumbo Crocco
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