Può un Paese essere valutato nella sua globalità? Può la percezione che si ha di esso all’estero influenzare le scelte di politica economica e sociale che lo riguardano?
Oggi, sempre più, la risposta a questi quesiti è affermativa. E’ il concetto di Country Brand.
Ogni Paese può essere “misurato” in base ad indici condivisi come la libertà politica, l’attenzione all’ambiente, la libertà d’espressione, la legalità, le opportunità di lavoro, il sistema scolastico, l’attrazione degli investimenti, il sistema sanitario, la tecnologia avanzata, ecc.
Secondo la classifica 2012-2013 realizzata dall’agenzia di marketing internazionale Future Brand, su 118 Paesi presi in considerazione, l’Italia figura al 15° posto.
Al primo brilla la Svizzera che colpisce gli opinion leaders per affidabilità e stabilità economica, culturale e sociale.
Nella top ten, oltre al Canada e al Giappone (rispettivamente al 2° e 3° posto della classifica), s’inseriscono a pieno titolo le Nazioni nord europee come la Svezia, la Finlandia e la Norvegia. Tra i Paesi anglosassoni troviamo al 5° e 6° posto la Nuova Zelanda e l’Australia.
Gli USA, causa crisi, risultano leggermente declassati, mentre in ascesa, ma a ridosso dell’0limpo dei primi dieci, è la Gran Bretagna che ha saputo ben gestire l’evento delle Olimpiadi, realizzando, così, un restyling della propria immagine all’estero.
L’Italia quest’anno perde qualche posizione rispetto al passato, ma risulta sempre al primo posto per quanto riguarda le voci relative al turismo ( è il Paese che si desidera visitare più di ogni altro), al patrimonio artistico e all’enogastronomia.
Secondo dati raccolti dal WTTC (World Travel and Tourism Council), il contributo diretto del settore turistico al PIL nazionale è stato, nel 2011, del 3.3%, mentre se consideriamo anche l’indotto, la percentuale sale all’8,6% del PIL, un giro d’affari di circa 136 miliardi di euro.
Sono quasi più di 2 milioni i posti di lavoro, inoltre, che ruotano direttamente o indirettamente intorno al settore turistico in Italia.
Gli stranieri amano visitare il nostro Paese perché, oltre alle indiscutibili bellezze paesaggistiche di cui è dotato il territorio, ne apprezzano anche l’immenso patrimonio artistico e museale. Anche l’enogastronomia è un forte fattore attrattivo.
Questo settore cresce ad un ritmo del 12% annuo. Il turismo del wine & food genera un giro d’affari che va dai 3 ai 5 miliardi di euro, secondo i dati del Rapporto Annuale n.11 “Osservatorio sul turismo del vino in Italia”.
L’Italia è leader in molti altri settori. Pensiamo alla produzione di olio d’oliva e a quella del vino. Nella vendita di riso non abbiamo rivali in Europa, lo stesso possiamo affermare riguardo alla produzione agricola di tipo biologico, alla sicurezza alimentare, al riciclo di oli usati, al mercato crocieristico, al commercio con i Paesi mediterranei, alla robotica. Potremmo continuare a lungo questo virtuoso elenco citando, tra gli altri, i successi del made in Italy nel campo della moda, dell’artigianato, del design.
In definitiva si può affermare che se da un lato le nostre eccellenze contribuiscono significativamente a rafforzare il Brand-Italia, dall’altro occorrono nuove politiche più incisive in un’ottica di ottimizzazione dei nostri punti di forza e di rilancio di settori in sofferenza da anni come, ad esempio, l’innovazione e la ricerca, la formazione, il sistema scolastico, l’attrazione di investimenti dall’estero e la valorizzazione a tutto tondo, in un’ottica meritocratica, delle migliori energie nazionali.
Cristina Palumbo
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